“E un maestro disse: parlaci dell’insegnamento.
E lui disse: Nessuno può rivelarvi nulla, se non ciò che già sonnecchia
nell’albeggiare della vostra conoscenza.
Il maestro che cammina all’ombra del tempio tra i discepoli non
elargisce la sua sapienza, ma piuttosto la sua fede e il suo amore.
E se davvero è saggio, non vi invita ad entrare nella dimora del suo
sapere, ma vi guida alla soglia della vostra mente…”.
(da “Il profeta”, K. Gibran)
Nello yoga classico, come nell’induismo e nel buddhismo, il maestro è una figura di importanza fondamentale. Egli infatti, vivendo a stretto contatto con l’allievo, ne intuisce le inclinazioni e le potenzialità e lo indirizza, attraverso una serie di pratiche psico-fisiche adeguate, alla via che più sicuramente lo conduce allo spogliamento dell’ego e lo indirizza sul sentiero della sua realizzazione interiore. La tradizione della trasmissione classica avviene “param-param”, ossia attraverso una catena ininterrotta maestro-allievo che si fa risalire direttamente al grande mahayogin, ovvero a Shiva stesso. Le vite di grandi yogin ne sono una manifestazione esemplare. Il Guru, colui che guida dal buio alla luce, nella tradizione yogica, è il secondo padre, più importante del padre carnale stesso, poiché se quest’ultimo dona la vita fisica, l’altro conduce ad una seconda nascita, quella ineffabile della vita dello spirito.
Gabriella Cella